Decreto rilancio: incentivi aumenti capitale imprese

Incentivi, l’aumento di capitale premia soci e conferitaria

Un intreccio di calcoli e condizioni in attesa dell’ok della Commissione Ue

La decadenza comporta il rimborso del credito d’imposta più gli interessi

Groviglio di calcoli e condizioni per l’incentivo agli aumenti di capitale disposto dal Dl rilancio. In attesa dell’ok Ue, le società di capitali di medie dimensioni pianificano le ricapitalizzazioni anti Covid da attuare per usufruire dell’agevolazione ex articolo 26 del Dl 34/2020. Una nutrita serie di test, differenziati per soci e società, rende arduo stabilire il ritorno complessivo dell’intervento, che in ogni caso non potrà eccedere 800mila euro.

Condizioni variabili

La norma sul rafforzamento patrimoniale delle imprese (la cui efficacia è subordinata alla autorizzazione Ue) agevola su due fronti, mediante crediti di imposta, gli aumenti di capitale in denaro realizzati entro fine 2020 dalle società di medie dimensioni: da un lato il socio che apporta i mezzi finanziari, dall’altro la società che li riceve. Le condizioni sono meno stringenti per il socio, più articolate quelle per la società.

Condizione comune è che la conferitaria sia una società di capitali (Spa, Sapa, Srl) o una cooperativa, con sede legale in Italia, che non rientri tra gli intermediari regolati dall’articolo 162-bis del Tuir (banche, società finanziarie e holding) né tra le assicurazioni. Deve poi trattarsi di imprese con ricavi 2019 tra 5 milioni e 50 milioni, valori che vanno testati a livello consolidato se si opera in un gruppo. Occorre infine (requisito comune ai due incentivi) che i ricavi (sempre consolidati se si è in un gruppo) marzo-aprile 2020 siano inferiori, causa Covid-19, almeno del 33% rispetto a quelli del corrispondente bimestre 2019. Nei gruppi, se vi è esonero dal bilancio consolidato per limiti dimensionali, il conteggio sarà proforma. Ulteriori requisiti previsti per il secondo bonus (si veda l’articolo a lato).

L’aumento di capitale sociale deve essere deliberato (non occorre l’iscrizione) e interamente versato, dal 20 maggio al 31 dicembre 2020.

Per i soci bonus al 20%

Ai soci che partecipano all’aumento di capitale (esclusi quelli che sono società controllanti, collegate o controllate della conferitaria) spetta un credito di imposta del 20% del denaro apportato (compreso il sovrapprezzo), con un limite su cui calcolare il bonus di 2 milioni (credito massimo 400mila euro). Non è chiarita la sorte dei crediti derivanti da precedenti finanziamenti soci utilizzati in compensazione per la sottoscrizione dell’aumento (che invece rilevano ai fini Ace). La partecipazione ricevuta dall’aumento di capitale deve essere posseduta fino al 31 dicembre 2023, pena la decadenza dall’agevolazione (rimborso del credito maggiorato di interessi legali). Non dovrebbe comportare decadenza il venir meno delle azioni per la perdita del capitale e nemmeno a seguito di concambio per fusione o scissione.

La riduzione del capitale con rimborso è invece rilevante. In caso di vendita parziale del pacchetto posseduto (azioni ante e post aumento), dovrà stabilirsi il criterio con cui scaricare le azioni(Lifo o Fifo). Altra condizione da rispettare per non perdere il bonus è che la partecipata non distribuisca riserve entro fine 2023. Ciò non dovrebbe impedire che la società distribuisca, anche interamente, l’utile di ogni esercizio. Il socio deve acquisire una attestazione della società circa il fatto che il bonus complessivo (socio+società) rispetta il limite di 800mila euro.

Il credito di imposta dei soci, non tassato, viene utilizzato nella dichiarazione dei redditi relativa al 2020 (da presentare nel 2021) e, per la parte non consumata, in quelle successive; dal 10° giorno dalla presentazione, può anche essere compensato in F24 senza concorrere al tetto di 700mila euro (un milione per il 2020) o a quello di 250mila per i crediti da quadro RU.

Fonte – IlSole24ore –

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